Nuova fiscalità per le Partite Iva: parliamone...
Leggo in queste ore della proposta del direttore dell’Agenzia
delle entrate Ernesto Maria Ruffini riguardo la gestione della fiscalità per le
P.I. i cui pilastri sarebbero:
-
Cancellazione meccanismo saldi e acconti
-
Gestione mensile dei prelievi fiscali
Di sicuro sono un ottimo punto di partenza per cercare rendere
più “giusta” la fiscalità per le Partite Iva, una popolazione di circa 7 milioni di soggetti
di cui circa 4 milioni sono di persone fisiche che svolgono lavoro libero
professionale e autonomo in senso stretto.
Io vorrei fare un approfondimento proprio rispetto a questi
4 milioni di lavoratori, sì di lavoratori che ogni giorno, risolvono problemi
legali, amministrativi, burocratici, che ogni giorno aggiustano il nostro
bagno, ci consentono di guardare la Tv sistemando l’impianto elettrico, ci
consentono lo smart working aggiustando il nostro Pc in poche ore, lavoratori
che hanno scelto o si sono trovati a dover scegliere di diventare imprenditori
di sé stessi.
Lavoratori, uomini e donne che ogni giorno contribuiscono
alla costruzione, all’organizzazione e al funzionamento della nostra società.
Non si tratta di lavoratori dipendenti, non godono quindi
delle tutele previste per questa categoria e non sono datori di lavoro anche se
lo possono diventare.
Una zona grigia fin troppo bistrattata. Uno studio di Italia
Oggi ha asserito che le P.I. subiscono ogni anno 100 controlli da 15 enti
diversi! Un controllo ogni tre giorni. Io stesso, sento sempre più spesso imprenditori
affermare di non riuscire a lavorare per stare dietro <<a tutta questa
burocrazia>>.
Sul fronte scadenze la situazione non è diversa. A giugno la
tensione sale nell’attesa di ricevere la telefonata del commercialista che
annuncia la “ferale” notizia dell’importo da pagare tra saldi e acconti tasse e
contributi etc. cercare di capire i dettagli è impresa ardua, c’è solo una
certezza: bisogna pagare se no e peggio. Una sola parola si capisce ed è “acconto”.
Su questo un giorno ho sentito un signore chiedere al consulente:
“ma se muoio prima dell’anno prossimo me lo pagate il funerale?”. Macabra
battuta, ma fin troppo chiara.
Preso atto che non ha senso pagare le tasse in anticipo se
non quello di sostenere finanziariamente un sistema in crisi e al limite del
collasso, aggiungo che nell’epoca delle battaglie per la parità di ogni cosa
(che in generale condivido) viviamo la disparità di trattamento tra lavoratori
dipendenti di grandi o piccole imprese, pubblici e privati e infine autonomi.
Più che autonomi direi “in balia degli eventi”.
Se da una parte a dicembre molti ricevono la 13° altri
pagano l’acconto delle tasse! Valga questo come esempio per tutto.
Lato contribuzione obbligatoria abbiamo le stesse
distorsioni, si pagano quote di contributi importanti con la certezza che
bisogna pregare di stare in salute e lavorare fino a 85 anni, vedere i figli
sistemati e poi a Dio gli adempimenti.
Allora le parole del direttore dell’Ade aprono uno spiraglio
di speranza ma a mio avviso ci sono altre ed importanti considerazioni da
aggiungere.
Prendendo come base l’attuale sistema forfettario, si
potrebbe pensare a:
1. Pagamento tasse e contributi sull’incassato
Importo fatturato o importo incassato? Le tasse si pagano
sul fatturato. Ci sono categorie di autonomi che hanno il 65% di pagamenti in
sofferenza e che riescono ad incassare solo dopo un anno!
Un sistema potrebbe essere pagamento sull’incassato e, per
evitare distorsioni, se l’incasso ritarda di oltre il 100% del tempo concordato
in fattura, chiamare in solido il debitore, ad esempio.
In concreto, tracciati gli incassi del mese, obbligo di
pagamento tasse e contributi entro il 10° giorno del mese successivo.
Azzeramento Anticipi, saldi e conguagli.
Volendo esagerare si potrebbe pensare ad una flat-tax,
facilmente pianificabile e gestibile al pari di una rata variabile che ognuno
può facilmente calcolare.
Il discorso di potrebbe estendere all’IVA anche se i forfettari
non hanno questo problema, ma parlare di pagamento IVA sull’incassato non
sarebbe male.
2.
Contributi previdenziali.
Sempre legati al pagamento sull’incassato, consentire il
versamento a fondi privati, magari specifici, tipo piani di accumulo o fondi
pensione in modo da avere la certezza che quello che si versa tornerà al
lavoratore ed inoltre prevedere la possibilità di saltare qualche rata in caso
di momenti di difficoltà.
Concludendo, a mio avviso per tentare una riforma, oggi, il punto non è tanto la quantità
di denaro da versare (anche, ovviamente) ma le tempistiche e le basi di
calcolo. Come ho già scritto per le imprese uno dei concetti più importanti, utili
alla sopravvivenza delle imprese di tutte le dimensioni è la gestione del
cash-flow.
Quindi senza entrare nel merito se le tasse (genericamente
intese) sono troppe o meno, si potrebbe cominciare con sostenere quel 20% di lavoratori
italiani che chiamiamo P.I. attraverso una pianificazione finanziaria chiara e
certa, basata sui reali incassi.
Inoltre, con il sistema di fatturazione elettronica e i
moderni software gestionali disponibili, molti anche gratuiti, non dovrebbe
essere complicato, speriamo di non trovarci davanti alla solita dichiarazione di tipo “elettorale”.
So che è un argomento spinoso ma vorrei aprire un minimo di
confronto quindi se volete commentate!